La Suprema Corte di Cassazione, prima sezione penale, nella sentenza 5 maggio/29 settembre 2023, n. 39675, ha analizzato diverse quaestiones iuris di notevole interesse relative ai requisiti del reato di stalking, con specifico riferimento alle forme di manifestazione concrete degli atti persecutori ed alla prova degli eventi alternativi del delitto in analisi in ambito condominiale.
La complessa vicenda giudiziale può essere riassunta in questi termini: la Corte di appello di Roma, decidendo all’esito di un primo annullamento con rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, riformava la condanna, pronunciata dal Tribunale di Roma nei confronti della ricorrente, rideterminando la pena irrogata e rigettando l'appello proposto dalle parti civili.
Il Giudice di prime cure, difatti, aveva ritenuto l’imputata colpevole del reato di atti persecutori commessi ai danni dei suoi vicini di casa, condannandola ad una pena lievemente più elevata ed al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite.
La sentenza di primo grado, tuttavia, veniva ribaltata dalla Corte di appello di Roma, la quale assolveva la prevenuta con la formula perché il fatto non sussiste; avverso la pronuncia anzidetta veniva proposto ricorso per cassazione da parte della Procura generale e delle parti civili.
La pronuncia assolutoria veniva dunque annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, sulla base delle coordinate dettate dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14800 del 21/12/2017, in base alle quali il giudice di appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado deve offrire una motivazione precisa e puntuale, che fornisca una ragionevole giustificazione della difforme conclusione adottata.
La Corte di Cassazione, in altri termini, riteneva che il Giudice di seconde cure non avesse seguito tali principi.
La pronuncia rescindente, in particolare, ...