1. La computabilità del condomino in conflitto nei quorum assembleari
A seguito della sentenza 28 settembre 2015, n. 1931, la Corte di cassazione ha assunto un orientamento uniforme sul tema del conflitto di interessi tra singoli condomini e condominio, quanto, in particolare, al problema delle conseguenze sul voto in assemblea dei condomini portatori di interessi confliggenti. Era dapprima controverso il profilo della computabilità, ai fini delle maggioranze necessarie, dei condomini in conflitto: se, cioè, le necessarie maggioranze devono essere calcolate comunque con riferimento a tutti i condomini ed al valore dell'intero edificio, ovvero soltanto considerando le teste ed i relativi millesimi dei singoli partecipanti neutrali rispetto a quel determinato affare.
Prima della sentenza n. 19131 del 2015, la Suprema Corte aveva più volte affermato che l'esistenza di un conflitto di interessi tra il singolo condomino e il condominio dovesse comportare l’esclusione a monte, dal calcolo dei millesimi, delle carature attribuite al condomino confliggente (Cass. 9 agosto 2011, n. 17140; Cass. 22 luglio 2002, n. 10683, in Foro it. 2003, I, 540; Cass. 18 maggio 2001, n. 6853, in Foro it. 2002, I, 675).
Cass. n. 19131 del 2015, invece, rifacendosi a Cass. 30 gennaio 2002, n. 1201 (in Giur. it. 2003, 62, con nota di L. De Rentiis, Il calcolo del quorum deliberativo dell'assemblea condominiale in presenza di un conflitto di interessi tra il singolo condominio titolare del diritto di voto del diritto di voto ed il condominio stesso) ha prescelto la soluzione dell’assoluta inderogabilità delle maggioranze di legge necessarie per approvare le delibere condominiali.
Tutte le decisioni della giurisprudenza di legittimità partono dal presupposto dell’applicabilità “analogica” dell’art. 2373 cod. civ., dettato in tema di società per azioni. Questa norma, fino alla modifica operatane dal d. ...