Il caso.
La pronuncia in commento trae origine dalla domanda di divisione del pianerottolo posto al primo piano di un edificio condominiale, che, pur accolta in primo grado, veniva poi rigettata in sede di appello in quanto mancava il consenso unanime di tutti i condomini.
La Corte di Cassazione, valorizzando la formulazione letterale dell’art. 1119 c.c. al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado e quindi la disciplina applicabile ratione temporis alla fattispecie – che, invece, subordinava la divisione delle parti comuni unicamente alla condizione che essa potesse farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino –, ha annullato la decisione di secondo grado in quanto, per un verso, aveva ritenuto dirimente l’assenza di una condizione non applicabile nella fattispecie e, per l’altro, aveva dato conto della ricorrenza di quella prevista dalla disposizione ai fini della divisione giudiziale.
Il principio di indivisibilità delle parti comuni nel condominio.
A norma dell’art. 1119 c.c.: “Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”.
La sostanziale indivisibilità delle parti comuni è in linea con le caratteristiche precipue della contitolarità propria del condominio rispetto a quella a base della comunione ordinaria, invece caratterizzata dal favor divisionis e, tendenzialmente, destinata allo scioglimento. Difatti, nel caso della comunione ordinaria, il combinato disposto degli artt. 1111 e 1112 c.c. ammette che la divisione sia richiedibile anche da uno solo dei comproprietari con la sola subordinazione della stessa alla valutazione giudiziale che il bene, anche se diviso, manterrà l’idoneità all’uso a cui è stato destinato.
L’applicazione dell’uno ...