Il fatto.
Due soggetti agiscono dinanzi al Tribunale ordinario di Milano per vedere accertata la loro proprietà in relazione ad un’unità immobiliare compresa in un fabbricato condominiale e, conseguentemente, il loro diritto ad accedere e trattenersi nei locali comuni, nonché ad ottenere le chiavi di accesso ai predetti locali, oltre al risarcimento del danno per l’impedimento causato.
Il giudice adito, tuttavia, declina la propria competenza, ritenendo la materia riservata alla cognizione del giudice di pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c..
I due istanti, pertanto, propongono ricorso per regolamento di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c..
Inquadramento giuridico.
In base al disposto dell’art. 7 c.p.c., il giudice di pace è competente, fra le varie ipotesi, per le cause - qualunque ne sia il valore - relative alla misura e alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case: fattispecie che, prima della novella apportata dall’art. 17 della legge 21.11.1991 n. 374, erano attribuite alla cognizione, rispettivamente, del pretore e del conciliatore (cfr. Cass. n. 25/2000; in dottrina, R. Amagliani, La competenza per materia del Giudice di Pace nelle “cause di vicinato”, in www.consulenza.it, 30 novembre 2020).
Orbene, nella sua consolidata esegesi, la Suprema Corte ha ritenuto che vadano intese: 1) per cause relative alla misura dei servizi di condominio quelle che riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini e hanno ad oggetto i provvedimenti degli organi condominiali che incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini; 2) per cause relative alle modalità d’uso dei servizi di condominio quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo più conveniente ed opportuno con cui tali facoltà ...