Non è infrequente che un condomino, nel godimento dell’unità abitativa di sua proprietà esclusiva o delle parti comuni dell’edificio, sia disturbato o danneggiato da immissioni moleste provenienti dalle altrui proprietà site nel condominio, da beni condominiali o da fondi vicini allo stabile. I casi giurisprudenziali che se ne sono occupati hanno riguardato principalmente le immissioni acustiche (il suono incessante di uno strumento musicale; l’abbaio continuo dei cani o gli strepitii di altri animali domestici; il rumore causato dagli impianti di riscaldamento o dalle autoclavi; le vibrazioni degli automezzi; le propagazioni derivanti dall’esercizio di attività commerciali, industriali o artigianali), ma vi rientrano senz’altro anche quelle legate ai fumi provenienti da attività industriali e alle esalazioni che promanano da esercizi commerciali.
Il fenomeno delle immissioni coinvolge non solo interessi privati, legati al diritto di proprietà e alla produzione, ma anche diritti e valori, individuali e collettivi, quali il diritto alla salute, all’abitazione, alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiana (tutelate dall’art. 32 Cost. e a livello sovranazionale dall’art. 8 CEDU), che possono finanche costituire dei “limiti invalicabili”, che, se violati, fondano il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c..
Ciononostante, nella disciplina codicistica del condominio non si rinviene una regolamentazione specifica, limitandosi l’art. 1102 c.c. (a cui l’art. 1139 c.c. rinvia) ad attribuire ai condomini il diritto di servirsi delle cose comuni, senza alterarne la destinazione o impedire agli altri di farne pari uso secondo il loro diritto, e l’art. 1138 c.c. a disporre che il regolamento di condominio, da adottare obbligatoriamente ove il numero dei condomini sia superiore a dieci, contenga le norme sull’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, senza menomare in alcun modo i diritti di ciascun condomino per come risultanti dagli ...