Il fatto.
Un condomino impugna il verbale assembleare, con cui sono stati approvati i rendiconti di gestione di diverse annualità pregresse, sostenendone, tra i vari motivi, l’invalidità per violazione dell’art. 67, co. 5, disp. att. c.c., giacché adottato con il voto dei dipendenti della società che amministra il condominio, i quali avevano ricevuto deleghe da alcuni condomini.
Invero, secondo l’impugnante, il divieto di cui alla norma predetta - in base alla quale l’amministratore non può ricevere deleghe - si applicherebbe anche al caso in cui la delega non sia direttamente conferita all’amministratore, bensì, in frode alla legge, ad un suo preposto, che, come tale, si trovi in situazione di subordinazione rispetto al primo al punto da poterne orientare il voto e le decisioni.
Il quadro giuridico di riferimento.
Secondo il dettato dell’art. 67 disp. att. c.c. ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta, il quale ne risponde secondo le regole del mandato. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può, però, rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.
Inoltre, prosegue la disposizione, è espressamente vietato il conferimento all’amministratore di condominio di “deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea”.
Trattasi di norma, come evidenziato nella sentenza in commento, ispirata dall’esigenza sia di incentivare la partecipazione personale dei singoli condomini all’assemblea condominiale, sia di scongiurare situazioni di conflitto di interessi.
Invero, prima della riforma del 2012, l’art. 67 non poneva alcun limite sotto il profilo soggettivo, permettendo, quindi, ai condomini di conferire a chiunque - e, pertanto, anche all’amministratore - la delega a rappresentarlo in assemblea.
Tuttavia, già sotto il vigore ...