Il rapporto negoziale intessuto tra l’amministratore e il condominio (o meglio, con i condòmini), dopo l’intervento della legge 220/2012, pare (non) pacificamente riconducibile nell’alveo del contratto di mandato con rappresentanza. La dottrina, in tal senso, ha rimarcato che l’azione lessicale del legislatore di cui all’articolo 1129, penultimo comma, codice civile, avalla l’orientamento “…propenso a smentire la qualità di organo dell'amministratore, ed a ravvisare, appunto, nel rapporto amministratore-condomini un contratto di mandato” (Scarpa, Amministratore di condominio, Wolter Kluver Italia, pag. 7 e ss).
La giurisprudenza di legittimità ha pragmaticamente confermato l’assunto, avendo avuto cura di precisare che: “Il contratto tra l’amministratore e la compagine condominiale non costituisce prestazione d’opera intellettuale; infatti, in caso di revoca, si applicano le regole del mandato” (Ordinanza 19 marzo 2021, n. 7874).
Il contenuto del rapporto intercorrente tra l’amministratore e i condòmini – osserva la Cassazione citata – è dettato dagli articoli 1129 c.c. (nomina, revoca e obblighi dell’amministratore), 1130 c.c. (attribuzioni dell’amministratore) e 1131 c.c. (rappresentanza), oltre che da un esplicito riferimento alla disciplina del mandato, applicabile in via residuale (art. 1129 c. 15 c.c. come modificato dalla legge 220/2012).
Nel qual caso, per quanto qui rileva, giova richiamare l’articolo 1713, comma 1, Codice civile - “Il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato” -, in relazione alla previsione contenuta nell’articolo 1129, comma 8, codice civile, a mente del quale: “Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”.
Ma, qual è il momento ...