Il fatto.
Un amministratore di Condominio propone, nei confronti di un fallimento, domanda di rivendicazione volta ad ottenere la restituzione, ai sensi dell’art. 103 L.F., di alcuni immobili acquisiti all’attivo fallimentare.
Rigettata la domanda, sia l’amministratore sia alcuni dei condòmini interpongono opposizione dinnanzi al Tribunale che dichiara l’impugnazione inammissibile sia nei confronti dei condòmini sia nei confronti dell’amministratore di Condominio, negando la legittimazione attiva ad entrambi, per non aver i condomini partecipato alla fase di ammissione al passivo per la rivendica dell’immobile e per non avere l’amministratore ottenuto valida delibera autorizzativa da parte dell’assemblea per proporre l’azione.
Su ricorso proposto dai soccombenti, la Corte di Cassazione riforma il Tribunale affermando la legittimazione attiva dei ricorrenti, per avere i condòmini il potere di impugnare pur non avendo gli stessi proposto distinte domande nel procedimento di verificazione dello stato passivo e per essere stato l’amministratore di Condominio autorizzato a stare in giudizio sulla base di una delibera che, ancorché viziata, non era stata impugnata nel termine di cui all’art. 1137 cod. civ. e si era, quindi, validamente consolidata.
La legittimazione ad agire dei condòmini per le azioni aventi ad oggetto i beni e i servizi condominiali
La tematica della legittimazione ad agire dei condòmini in giudizio si connette alla natura giuridica del Condominio.
È principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui il Condominio non è un ente di diritto, ma è un ente di gestione sfornito di una personalità giuridica distinta da quella dei condòmini (cfr. Cass. civ. Sez. un. n. 9148/2008; Cass. civ. Sez. Un. n. 18331/2010; Cass. civ. n. 19663/2010).
Ne deriva, quindi, che nelle cause che hanno ad oggetto i beni o i servizi comuni, ...