1. - L’art. 1129, comma 1, c.c., con lo stabilire che «quando i condomini sono più di otto» - nel testo vigente dal 18 giugno 2013, dopo la novella ad opera della l. n. 220 del 2012, a fronte degli originari quattro – l’assemblea «provvede» alla nomina di un amministratore, ha inteso garantire nel condominio degli edifici la presenza di un soggetto necessario che, appunto, quale “necessario rappresentante della collettività dei condomini” (così si esprimeva Cass. n. 3636/2014), assume l’incarico professionale di gestione del condominio, esercitando i poteri ed assumendo gli obblighi esplicitamente dettati negli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c.
Stando alla giurisprudenza ormai del tutto prevalente, il rapporto amministratore-condominio è avvicinabile al contratto di mandato (cfr., tra le tante, Cass. n. 7874/2021), al quale, peraltro, fa riferimento l’art. 1129, ai commi 3 e 11 (parlando di atti compiuti dall’amministratore “nell’esercizio del mandato” e di revoca del “mandato”), oltre che espresso rinvio «per quanto non disciplinato dal presente articolo» - dunque in via residuale, ai sensi del suo penultimo comma (introdotto sempre dalla l. n. 220 del 2012) - trovando applicazione «disposizioni di cui alla sezione I, capo IX, titolo III, libro V», cioè gli artt. 1703 e ss. c.c. dedicati alla disciplina del mandato.
2. - Il comma 1 dell’art. 1129 c.c. precisa, per la verità (e per quel che interessa qui approfondire), che «se l’assemblea non vi provvede, la nomina dell’amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario».
È quindi ormai chiaro e ineludibile il dettato normativo (presidiato dalla inderogabilità assoluta, in base al regolamento condominiale o ad altre convenzioni intercorse tra le parti, ai sensi dell’art. 1138 co. 4 c.c.), che prevede l’obbligatorietà della nomina dell’amministratore del ...