1. Premessa.
La legge n. 220 del 2012, di riforma della materia condominiale ha inserito, all’art. 1129 c.c., un comma 7, ai sensi del quale “L'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio […]”; prosegue il successivo comma 12, n. 3, c.c. chiarendo che costituisce grave irregolarità, suscettibile di condurre alla revoca dell’amministratore, “la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma”.
Si è già osservato, in altra occasione (G.A. Chiesi, Amministratore e conto corrente condominiale: odi et amo..., in questa Rivista, 3 aprile 2020, che in tal modo non solo sono stati recepiti gli arresti della giurisprudenza pre-riforma (cfr. Cass., 10.5.2012, n. 2012, per la quale, "pur in assenza di specifiche disposizioni di legge che ne facciano obbligo, l'amministratore di condominio è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato al condominio, per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale od eventualmente quello di altri differenti condomini, da lui amministrati"), ma ne è stata rafforzata la portata ("anche se non si può affermare, come pure talora è stato fatto, che addirittura la mancata apertura di un conto corrente separato rispetto al patrimonio personale dell'amministratore, costituirebbe irregolarità tale da comportarne la revoca del mandato, si può sostenere - prosegue nella medesima occasione la Corte - che, pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo, l'amministratore è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su apposito e separato conto corrente intestato al condominio, per evitare confusioni e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio ...