La Corte Suprema di cassazione, con le sentenze gemelle nn. 28268 e 28336 del 4 novembre 2024, si è occupata del riparto delle spese relative alle parti comuni dell’edificio gravate da una servitù di passaggio costituita a vantaggio di un’unità immobiliare sita in un fabbricato diverso, affermando che il titolare del diritto reale è tenuto a contribuire alle spese inerenti alle opere necessarie ai sensi dell’art. 1069, comma 3, c.c.
Nel primo caso in esame le comproprietarie di un immobile destinato a cinema all’aperto convenivano in giudizio il condominio, chiedendo di accertare la loro estraneità all’obbligo di partecipare alle spese inerenti alle parti comuni dell’edificio, in considerazione di una servitù prediale gravante sull’ingresso e sull’androne del complesso edilizio, originariamente costituita con rogito notarile in favore degli spettatori del predetto locale pubblico, sito nel terreno retrostante del fabbricato.
Il condominio proponeva domanda riconvenzionale per sentir accertare la qualità di condomine in capo alle attrici, così da ritenerle obbligate a concorrere alle spese per la manutenzione dell’ingresso e dell’androne dell’edificio.
Il Tribunale di Forlì accoglieva la domanda proposta, escludendo l’esistenza di un condominio unitario.
La Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, escludeva l’appartenenza al condominio del predetto immobile, ma condannava ugualmente le originarie attrici a partecipare alle spese di manutenzione e conservazione dell’ingresso e dell’androne condominiale, in quanto, nonostante l’originario rogito notarile contenesse la menzione relativa alla costituzione di una “servitù di passo” sulle parti comuni anzidette, il medesimo diritto reale non veniva riconosciuto col successivo atto pubblico di acquisto in favore delle appellate. Tuttavia, tale ultimo atto prevedeva l’obbligo di contribuire nella misura pari a 2/3 alle spese dell’androne, proprio in considerazione della servitù di passaggio precedentemente costituita.