La vicenda
La decisione della Suprema Corte definisce due procedimenti che hanno viaggiato in parallelo fino alla fase di legittimità, nascendo dal medesimo fatto storico costituito da una delibera assembleare di approvazione di un rendiconto per le spese di gestione condominiale concernente un determinato esercizio, di un preventivo relativo alle spese di gestione per l’esercizio successivo e delle spese concernenti lavori straordinari di rifacimento del manto di copertura del tetto dell’edificio condominiale.
Da un lato, una società condomina impugna la delibera ai sensi dell’art. 1137 c.c.
Dall’altro lato, il condominio, a fronte del mancato pagamento spontaneo delle somme poste a carico della medesima società in forza dello stato di ripartizione approvato dall’assemblea, ottiene un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ., che viene fatto oggetto di opposizione per violazione dei criteri legali di ripartizione della spesa, facendo valere l’inapplicabilità di tabelle derogatorie asseritamente convenzionali.
L’impugnazione della delibera sfocia nell’annullamento giudiziale di essa, confermato in grado di appello.
L’opposizione al decreto ingiuntivo, invece, viene rigettata in entrambi i gradi di merito.
Inevitabile la riunione dei ricorsi “incrociati” in Cassazione, dei quali la Suprema Corte accoglie quello proposto dalla società condomina e rigetta l’altro, cogliendo l’occasione per fissare, vista la novità della questione, alcune coordinate in tema di rapporto tra le due azioni.
I principi enunciati
La Corte ricorda l’insegnamento impartito dalle Sezioni Unite con la sentenza 14 aprile 2021, n. 9839, secondo cui, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità ...