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Ok alla cedolare secca nella locazione commerciale anche se il canone è variabile

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Ok alla cedolare secca nella locazione commerciale anche se il canone è variabile

lunedì, 26 agosto 2019

In occasione della risposta n. 340 del 23 agosto scorso fornita a seguito dell’interpello promosso da una società contribuente, l’Agenzia delle Entrate chiarisce come debba essere interpretato l’art. 1, comma 59, della legge n. 145 del 2018 con cui il regime della cedolare secca, di cui all'art. 3 del D.L. n. 23 del 2011, è stato esteso anche alle locazioni commerciali.



La contribuente istante, avendo intenzione di acquistare un negozio, intendeva assoggettare al regime della cedolare secca il contratto di locazione del relativo immobile concluso con altra società.
Il dubbio della contribuente sull’applicabilità nella suddetta circostanza del regime della cedolare secca era riferito al comma 11 dell'art. 3 del citato D.L. n. 23 del 2011, secondo cui durante il periodo corrispondente alla durata dell'opzione per la cedolare secca è sospesa "la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone, anche se prevista dal contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall'Istat"; pertanto l'istante chiedeva all’amministrazione finanziaria di chiarire se la previsione contrattuale presente nel contratto di locazione, in base alla quale la quota variabile del canone dipendeva dal fatturato del conduttore, potesse bloccare l'assoggettamento del contratto stesso al suddetto regime.


L’Agenzia delle Entrate, in proposito, ha precisato che, in base all’art. 32 della legge n. 392 del 1978, avendo le parti contraenti la libertà di determinare il canone di locazione, possono chiedere altresì l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. E’ pertanto palese, scrivono le Entrate, la differenza tra l’aggiornamento del canone di locazione per eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta, di cui all’art. 32 della legge n. 392 e la pattuizione di una quota del canone di locazione in forma variabile (che nel presente interpello era posta in relazione alla parte di ricavi che supera euro 1.000.000,00).
Le Entrate, nella loro risposta, ricordano che, in riferimento al principio della libertà di determinare il canone di locazione per gli immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, è intervenuta anche la Corte di Cassazione, con sentenza n. 5849 del 2015, la quale ha così stabilito :“...le parti, nel momento in cui costituiscono il rapporto di locazione commerciale, sono lasciate libere di determinare il contenuto del contratto che meglio riproduca il loro concreto assetto di interessi, dando spazio anche alla possibilità che il canone non sia uniformemente determinato per tutti gli anni di durata del rapporto potendo essere tali eventuali variazioni predeterminate causalmente giustificate dal contesto delle pattuizioni o comunque dalle circostanze del caso concreto prese in considerazione dalle parti stesse. Il limite non valicabile dall’autonomia delle parti in relazione al canone di locazione di immobili destinati ad utilizzo commerciale è costituito esclusivamente, nel momento genetico del contratto, dalla nullità delle clausole che sostanzialmente si traducano in un aggiramento della L. n. 392 del 1978, art. 32 ed in una determinazione privatistica della misura della indicizzazione.(...)”.



La possibilità di determinare il canone di locazione - tenendo conto anche dei ricavi del negozio quando superano euro 1.000.000,00 - rientra dunque nella libertà concessa alle parti di fissare liberamente il contenuto del contratto e non integra una determinazione privatistica della misura di indicizzazione, né un aggiornamento del canone a qualsiasi titolo menzionato dal comma 11 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011 citato; ragion per cui, secondo quanto chiarito dalle Entrate, un contratto di locazione commerciale che contiene una disposizione che fa dipendere la quota variabile del canone dal fatturato del conduttore può essere assoggettato al regime della cedolare secca, non rientrando nel campo di applicazione del citato comma 11. Anche in tale caso, infatti, il locatore dovrà rispettare la disposizione di cui al secondo periodo del comma 11 dell’articolo 3 in ordine del quale: “L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo”.

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