La cessione del credito sorto in relazione ad una prestazione di servizi non realizza il pagamento del corrispettivo e, quindi, non fa sorgere l’esigibilità dell’IVA, che resta collegata al momento in cui il debitore ceduto paga il corrispettivo al cessionario del credito.
È quanto chiarisce l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 163 dell’8 marzo 2021 in riferimento agli effetti, sull’individuazione del momento impositivo, della cessione del credito, da intendere quale operazione finanziaria autonoma rispetto a quella da cui trae origine il credito.
Nella circolare n. 1/E/2013 (par. 3.1) era stato chiarito, con riferimento alla cessione del credito in relazione ai casi di esigibilità differita dell’IVA, che la cessione del credito non realizza il presupposto per l’esigibilità dell’imposta. Conseguentemente, l’incasso del prezzo di cessione del credito non è assimilabile al pagamento del corrispettivo delle operazioni originarie e il cedente deve corrispondere la relativa imposta solo nel momento in cui il debitore ceduto paga effettivamente il corrispettivo al cessionario del credito.
Indicazioni analoghe valgono anche nel caso delle prestazioni di servizi, per le quali ordinariamente sia il momento di effettuazione dell’operazione che l’esigibilità dell’imposta coincidono con l’effettivo pagamento del corrispettivo, dovendosi pertanto ritenere, ad avviso dell’Agenzia, che la cessione del relativo credito non realizza il pagamento del corrispettivo della prestazione stessa.
Nel caso oggetto della risposta n. 163/E/2021, riferito ad una società che intende cedere il credito vantato verso un’altra società sottoposta, a sua volta, a procedura di fallimento, il pagamento del credito avverrà, nei confronti del cessionario dello stesso, al momento del riparto dell’attivo fallimentare.
Pertanto, è in tale momento che l’operazione deve intendersi effettuata, con la conseguente nascita dell’obbligo di emissione della fattura da parte del cedente, e che sorge in capo al cedente l’obbligo del versamento dell’imposta. A tal fine, il debitore ceduto deve comunicare al cedente la data di esecuzione del pagamento effettuato in favore del cessionario per consentire al medesimo di effettuare gli anzidetti adempimenti.
Tenuto che il fallimento del cedente potrebbe estinguersi anticipatamente rispetto al riparto e alla chiusura del fallimento del debitore ceduto, ossia rispetto al momento impositivo della prestazione resa, l’Agenzia delle Entrate ha rilevato che occorre valutare se, in tale ipotesi, il cedente sarà cancellato o meno dal Registro delle imprese con conseguente chiusura della partita IVA.
In particolare, laddove il Tribunale decidesse, in via cautelativa, di non disporre la cancellazione della società dal Registro delle imprese, gli obblighi IVA saranno assolti dal cedente secondo le regole ordinarie. Diversamente, se il tribunale dovesse disporre la cancellazione della società, cui consegue la chiusura della relativa partita IVA, a seguito del pagamento al cessionario delle somme dovute dal debitore ceduto, derivanti dal riparto fallimentare di quest’ultimo, il curatore dovrà procedere all’apertura di una nuova partita IVA per il cedente al fine di ottemperare a tutti gli obblighi in argomento.
Resta inteso che il debitore ceduto, in caso di omessa fatturazione da parte del curatore, dovrà attivare la procedura di autofatturazione di cui all’art. 6, comma 8, del DLgs. n. 471/1997, quale forma di regolarizzazione.