La Fondazione OIC, al termine del due process, ha pubblicato nella giornata di ieri 31 marzo 2021 la versione definitiva del Documento Interpretativo n. 7 “Legge 13 ottobre 2020, n. 126 Aspetti contabili della rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni”.
Il documento, in vigore dalla data di pubblicazione, analizza sotto il profilo tecnico contabile le norme della Legge di rivalutazione 2020 (introdotta dal D.L. 104/2020 c.d. “Decreto Agosto”, convertito in legge con modificazioni dalla L. 126/2020) e si applica alle società che redigono il bilancio d’esercizio in base alle disposizioni civilistiche.
La rivalutazione 2020
Nel bilancio 2020, le imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio hanno la facoltà di optare per la disciplina della rivalutazione, che opera in deroga alle disposizioni dell’art. 2426 c.c. (criteri di valutazione) e di ogni altra disposizione di legge vigente in materia di bilancio.
Possono essere oggetto di rivalutazione:
- I beni di impresa (immobilizzazioni materiali e beni immateriali anche se completamente ammortizzati)
- Le partecipazioni immobilizzate di controllo e collegamento comprese quelle a controllo congiunto.
Il documento specifica che possono essere rivalutati anche i beni immateriali ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio, i cui relativi costi sono stati contabilizzati a conto economico, seppur capitalizzabili nello stato patrimoniale.
L’OIC precisa, inoltre, che possono essere rivalutate anche le joint venture e che nel caso di immobilizzazioni che comprendono beni separabili (ad esempio un fabbricato ed il terreno sottostante) occorre individuare distinti valori di rivalutazione.
Sono esclusi dalla rivalutazione:
- Gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.
- I beni utilizzati sulla base dei contratti di leasing: dal momento che prima del riscatto tali beni non possono essere iscritti nell’attivo di Stato Patrimoniale da parte della società utilizzatrice, saranno rivalutabili solo i beni riscattati entro il 31 dicembre 2019.
Aspetti contabili
Le società che si avvalgono della rivalutazione rilevano il maggior valore dei beni rivalutati nell’attivo dello Stato Patrimoniale a fronte dell’iscrizione in contropartita del corrispondente saldo in una voce di patrimonio netto. Il saldo attivo risultante dalla rivalutazione, ai sensi dell’art. 13 della Legge 342/2000, deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva, con esclusione di ogni diversa utilizzazione.
La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019; può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.
A seguito della pubblica consultazione, è stato chiarito dalla Fondazione che per le imprese che hanno l’esercizio non coincidente con l’anno solare, la rivalutazione può essere effettuata in un solo bilancio. Pertanto, nel caso in cui tali imprese abbiano eseguito la rivalutazione nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, non possono eseguirla nel bilancio successivo.
Il limite massimo della rivalutazione è fissato nei “valori effettivamente attribuibili ai beni con riferimento alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità economica di utilizzazione nell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri” (Art. 11 L. 342/2000). L’individuazione di tale limite avviene mediante l’utilizzo del criterio del valore d’uso o del criterio del valore di mercato.
Aspetti fiscali
Ai fini fiscali, il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10% (art. 110, c. 3, L.126/2020). Nel caso in cui la riserva non sia affrancata, tale riserva sarà soggetta a tassazione solo in caso di distribuzione della riserva stessa ai soci (c.d. riserva in sospensione di imposta).
Ai sensi dell’art. 110, c. 4 della L. 126/2020 “Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive a decorrere dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili”.
Nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.
Le imposte sostitutive saranno versate in un massimo di tre rate di pari importo di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.
La versione definitiva del Documento Interpretativo n. 7 è disponibile sul sito della Fondazione, nella sezione OIC Informa.