Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio 2023, n. 14 del comunicato del MEF, il saggio di riferimento degli interessi da applicare in favore del creditore in caso di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali, per il periodo che va 1° gennaio al 30 giugno 2023 è stato fissato al 2,50 per cento.
Il comunicato del Ministero dell’Economia e delle Finanze è reso ai sensi del D. Lgs. n. 231/2002.
La norma, oltre a regolare i termini di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione, con l’obiettivo di impedire i ritardi nei pagamenti, nell’ambito delle stesse, prevede infatti il diritto per il creditore, in caso di ritardato pagamento da parte del debitore, di ricevere interessi di mora ad un tasso particolarmente elevato, senza necessariamente ricorrere alla costituzione in mora del debitore, oltre alla possibilità di richiedere anche il rimborso di quanto sostenuto per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte.
Il D.lgs. n. 231/2002 è stato emanato in attuazione della direttiva 2000/35/CE ed è stato successivamente modificato dal D.Lgs. n. 192/2012, tale regola non costituisce norma imperativa, ma ha una natura dispositiva, pertanto le parti possono derogare alla stessa con clausole contrattuali, con alcune eccezioni, tra cui quella della grave iniquità in danno del creditore; fanno eccezione a questa deroga gli accordi tra imprese e P.A..
Il decreto n. 192 ha previsto numerose modifiche al Codice Civile, con l’intenzione di porre un freno alla condotta sleale delle grandi imprese e della pubblica amministrazione nei termini di pagamento che venivano eccessivamente procrastinati, con effetti gravosi per le piccole imprese costrette ad indebitarsi per poter onorare i pagamenti e con pesanti ripercussioni anche per il mercato in generale.
Ambito applicativo del Decreto 231/2002
Il decreto 231/2002 si applica a tutti i contratti a prestazioni corrispettive, sia tipici che atipici, compresi i contratti di appalto che prevedono pagamenti dovuti a titolo di corrispettivo in cui è prevista la consegna di merci o la prestazione di servizi a titolo oneroso.
Sono esclusi dall’ambito applicativo, invece, quei contratti che non hanno ad oggetto la consegna di beni o l’esecuzione di un’opera o di un servizio, ad esempio, i contratti di mutuo, di sconto, le fidejussioni, i contratti di locazione e i contratti di leasing, il factoring e i contratti di garanzia.
Secondo quanto espressamente previsto dal decreto stesso all’art.1, comma 2, sono inoltre espressamente esclusi dall’ambito applicativo della norma:
- i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito;
- i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.
Dal punto di vista soggettivo, il Decreto 231 si applica alle transazioni commerciali a titolo oneroso stipulate tra imprese e imprese e p.a., sono esclusi invece i contratti che prevedono come parte il consumatore e quelli tra enti pubblici.
L’articolo 11 del Decreto 231 fa salve le norme del Codice Civile e delle leggi speciali che contengono una disciplina più favorevole per il creditore, pertanto restano fuori dall’ambito applicativo i seguenti contratti:
- contratti di subfornitura (art. 3 Legge 192/1998);
- contratti di trasporto (art. 83-bis Legge 133/2008);
- contratti di cessione di prodotti agro-alimentari (art. 62 Legge 27/2012)
I termini di pagamento nelle transazioni tra imprese (B2B)
Secondo quanto stabilito dall’art. 4 comma 2 del Decreto 231, il periodo di pagamento non può superare i seguenti termini:
- trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;
- trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;
- trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
- trenta giorni dalla data dell'accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.
Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell'articolo 7 del medesimo decreto 231 devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
Il saggio degli interessi
L’articolo 5, invece, disciplina il tasso degli interessi, precisando che quelli moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora. Nelle transazioni commerciali tra imprese è consentito alle parti di concordare un tasso di interesse diverso, nei limiti previsti dall'articolo 7.
Il tasso di riferimento viene determinato:
- per il primo semestre dell'anno cui si riferisce il ritardo, è quello in vigore il 1° gennaio di quell'anno;
- per il secondo semestre dell'anno cui si riferisce il ritardo, è quello in vigore il 1° luglio di quell'anno.
Ed è il Ministero dell'economia e delle finanze a dare notizia del tasso di riferimento, curandone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana nel quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare. Pertanto, secondo quanto previsto del comunicato odierno del MEF, il tasso degli interessi moratori per il primo semestre del 2023, è fissato al 2,50 per cento.
Si rammenta, infine, che le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore. Si applicano, in tal caso, gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.