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IVA erroneamente applicata in reverse charge recuperabile con nota di variazione o con istanza di rimborso

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IVA erroneamente applicata in reverse charge recuperabile con nota di variazione o con istanza di rimborso

mercoledì, 08 febbraio 2023

Ai fini del recupero dell’IVA non detratta dal cessionario/committente che, in sede di reverse charge, abbia erroneamente applicato l’imposta per un’operazione esente, non imponibile o non soggetta, gli strumenti della nota di variazione in diminuzione e del rimborso sono alternativi, potendo essere utilizzati nel rispetto dei termini previsti dalle rispettive norme di riferimento.

 

A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 203 del 7 febbraio 2023, intervenuta in merito all’ambito applicativo della previsione, avente natura procedurale più che sanzionatoria, contenuta nell’art. 6, comma 9-bis3, del DLgs. n. 471/1997, secondo cui, se il cessionario/committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o, comunque, non soggette a IVA, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta emettendo nota di variazione in diminuzione di cui all’art. 26, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 o mediante istanza di rimborso ai sensi dell’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/1992 (ora art. 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972).

In sostanza, il cessionario/committente, debitore dell’imposta, può correggere l’errore commesso (nella specie, l’applicazione dell’IVA ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette) tramite delle mere annotazioni contabili di senso contrario a quelle erroneamente eseguite, neutralizzando l’imposta, salva l’ipotesi in cui il diritto alla detrazione non sia stato esercitato. In tale evenienza, la norma prevede espressamente la possibilità di recuperare l’IVA non detratta tramite il ricorso alla nota di variazione, ove non sia decorso il termine annuale previsto dal comma 3 dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, ovvero, in alternativa, mediante la richiesta di rimborso.

Riguardo al rapporto tra la procedura di variazione in diminuzione e la procedura di rimborso, nel caso in cui il diritto alla detrazione non sia stato esercitato e, quindi, l’imposta erroneamente applicata in sede di reverse charge non neutralizzata, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ai fini del recupero dell’IVA non detratta, i due istituti previsti dalla norma sono alternativi, potendo essere utilizzati dal cessionario/committente a propria discrezione, fermi restando i termini previsti dalle rispettive norme di riferimento.

L’Agenzia ha, quindi, puntualizzato che non valgono i limiti applicativi che caratterizzano il rimborso di cui all’art. 30-ter del D.P.R. n. 633/1972, considerato un istituto di carattere residuale ed eccezionale, attivabile solo quando sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale costituito dall’emissione della nota di variazione in diminuzione.

Con numerosi documenti di prassi è stato, infatti, ribadito che lo strumento del rimborso non può essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio della detrazione qualora decorso per colpevole inerzia del soggetto passivo e che, al contrario, il rimborso è ammesso laddove, ad esempio, il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione.

Nella risposta n. 203/2022, l’Agenzia ha pertanto inteso sottolineare che i limiti sopra richiamati non ricorrono, in quanto è lo stesso art. 6, comma 9-bis3, del DLgs. n. 471/1997 a prevedere la possibilità di recuperare l’imposta non detratta mediante istanza di rimborso in alternativa all’emissione della nota di variazione e che, del resto, la coincidenza tra il soggetto debitore e creditore dell’imposta, che si verifica quando si applica il sistema dell’inversione contabile, consente di evitare il rischio che, ricorrendo al rimborso in luogo della nota di variazione, l’IVA rimborsata al cedente/prestatore non sia, invece, restituita dal cessionario/committente che l’ha originariamente detratta.

A questo riguardo, affinché sia rispettata la neutralità dell’IVA ed il rimborso non integri la fattispecie di arricchimento senza causa, durante la fase istruttoria che segue la richiesta di rimborso, il cessionario/committente dovrà fornire prova all’Ufficio competente di non avere detratto l’imposta relativa ai beni o servizi acquistati e che la medesima, se imputata a costo, sia recuperata a tassazione.

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