Se i singoli professionisti dello studio usano l’auto privata, lo studio associato può dedurre per intero le spese di trasporto rimborsate ai singoli.
E’ questo quanto emerge dall’ordinanza della sezione tributaria della Corte di Cassazione n. 4226 pubblicata il 18 febbraio 2025.
Secondo gli ermellini, infatti, il limite della deduzione forfettaria del 40% delle spese di trasporto prevista dall’articolo 164 del TUIR vale solo in caso di mezzi intestati all’associazione professionale.
In ogni caso, al fine di ottenere la deduzione, è necessario provare che le spese sostenute per il trasporto siano strettamente strumentali all’attività dello studio.
Aveva, dunque, ragione l’associazione di avvocati che aveva promosso il ricorso in Cassazione avverso la pronuncia dei giudici di merito, i quali avevano confermato l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, negando la deducibilità dell’intero importo dei costi di trasporto sostenuti dai singoli associati a mezzo di autovetture di loro proprietà e ad essi rimborsati dall’associazione, la cui strumentalità allo svolgimento degli incarichi dei singoli professionisti era stata compiutamente provata.
A parere dei giudici di legittimità, infatti, deve essere confermata l’interpretazione dell’articolo 164 del TUIR fornita dai ricorrenti, secondo i quali la disposizione in parola troverebbe applicazione con riguardo ai costi direttamente sostenuti dall’associazione, quindi, in caso di impiego di veicoli propri e non nell’ipotesi di rimborso di spese sostenute di singoli associati che per svolgere gli incarichi dello studio associato si sono avvalsi di mezzi propri. In tal caso varrebbe, infatti, il criterio generale di cui all’articolo 54 del TUIR che prevede la deduzione della spesa per intero.
La ratio sottesa all’articolo 164 del TUIR, che deve considerarsi norma speciale rispetto al dettato dell’articolo 54 del TUIR, tiene conto dell’uso anche promiscuo del bene intestato al professionista (o imprenditore o ad altro titolo dallo stesso utilizzato in via strumentale all’esercizio della propria arte o professione), individuando una deduzione limitata al 40% delle spese sostenute, senza peraltro indagare sulla finalità del singolo trasporto e considerando altresì le spese di acquisto, manutenzione e più in generale tutte le spese collaterali sostenute e riconducibili al mezzo di trasporto di proprietà.
Ricorrendo la stretta strumentalità della spesa all’attività professionale propria dell’associazione (o a seconda dei casi dell’impresa), qualora il trasporto sia effettuato con mezzo proprio dell’associato, la stessa sarà integralmente deducibile (Cassazione n. 776/2022), in quanto assoggettata non alla norma speciale – propria di beni strumentali che però possono essere anche destinati ad altri usi – di cui all’articolo 164 TUIR, bensì a quello generale di cui all’articolo 54 TUIR.
Ove il trasporto, dunque, sia effettuato dal singolo professionista con mezzo proprio, provando il requisito della stretta strumentalità della spesa all’attività professionale propria dell’associazione, quest’ultima potrà dedurre interamente la spesa rimborsata al professionista; la limitazione del 40% resta, invece, imputata alle voci di spesa riferite agli altri componenti negativi (come spese di manutenzione, usura del mezzo) relativi ai mezzi di trasporto utilizzati strumentali all’attività dell’associazione.
La parola ora al giudice di merito, il quale avrà il compito di verificare che la documentazione offerta dai ricorrenti circa le spese rimborsate sia riconducibile, esclusivamente e chiaramente, all’attività professionale, oltre che di analizzare le singole voci di spesa, rivedendo la questione alla luce delle considerazioni formulate dagli ermellini.